Sono giorni che i media rimbalzano notizie di morti, di contagi fuori controllo. La reclusione sembra l’unica via di salvezza per non contrarre il virus. Le restrizioni, l’isolamento, la quarantena sono tutte strategie utili e mi viene da aggiungere uniche per fronteggiare questa emergenza.
Quello che mi sono chiesta in questi giorni è: “le persone sono in grado di rimanere cosi tanto tempo da sole e di conseguenza con se stesse? Cosa sta accadendo alle persone?
Le due reazioni tipiche che si sono osservate in questi periodi sono o l’osservare le regole o infrangerle completamente.
Psicologicamente la popolazione si è trovata ad assorbire un duro colpo, regole ferree, divieto di uscita se non per necessità, limitazione dei rapporti sociali, sentimentali, affettivi, oltre una modifica dello stile di vita tra cui anche l’astensione dal lavoro .
Tuotti noi abbiamo subito un grande lutto, tra cui anche quello economico in molti casi, abbiamo perso le nostre solite abitudini, i nostri rituali durante la giornata, in poche paroleabbiamo perso la libertà. L’essere umano, un “corpomente”, come lo definisce Osho è fortunato, in quanto è plastico, pensate infatti che ci vogliono 21 giorni per rigenerare le nostre connessioni neurali, il cervello è una spugna modellabile e la nostra mappa celebrale si aggiorna continuamente. Il chirurgo plasticoMaxwell Maltz nel 1960 affermo che ci vogliono 21 giorni per creare un abitudine, studi più recenti ci dicono invece che ci vogliono 66 giorni circa per mantenere quest’abitudine.
Quando tutto finirà in molti riconosceranno questo utile periodo di contatto estremo con se stessi, ma prima che ciò avvenga passeranno giornate burrascose in preda alla noia, all’impazienza, alla rabbia , alla frustrazione e in ultimo alla speranza.
Elisabeth Kuble Ross si dedicò allo studio dell’elaborazione del lutto e individuò 5 fasi necessarie da attraversare per risolvere il lutto.